[Scritto tratto da (Tra parentesi) La vera storia di un’impensabile rivoluzione, spettacolo con Massimo Cirri e Peppe Dell’Acqua, in scena dal 15 al 24 maggio presso il Teatro Rossetti di Trieste]
Nel gennaio 1977 Michele Zanetti e Franco Basaglia annunciano che il magnifico frenocomio dell’imperial regia città di Trieste– si chiamava così quando è nato, sotto l’Austria – finalmente chiude. Poi c’è un’altra accelerazione, una delle tante in questa storia, perché si sta discutendo in Italia della riforma sanitaria e bisognerà affrontare la questione dei manicomi, sono un pezzo della sanità, la salute mentale. E poi bisogna fare ancora più in fretta, perché nella primavera del ‘78 c’è un referendum del Partito Radicale che chiede l’abrogazione della vecchia legge che sostiene il manicomio. Allora c’è il rischio di un vuoto legislativo, bisogna stralciare un pezzo della riforma sanitaria e decidere alla svelta. E non è facile decidere in quei mesi, perché sono i mesi in cui viene rapito Aldo Moro, Primo Ministro, rapito dalle Brigate Rosse, poi viene ucciso il 9 maggio 1978. Il giorno dopo si riunisce la Commissione che deve decidere. Aldo Moro c’entra tantissimo in questa storia. C’entra tragicamente e c’entra anche per la luminosità del suo lavoro. C’entra tragicamente perché, proprio il giorno prima che si riunisca questa Commissione, il suo corpo viene trovato in via Caetani, nella famosa Renault rossa. È stato assassinato. Aldo Moro è stato uno dei più giovani, forse il più giovane costituente, nel ‘48. Nel ‘48 è stato l’estensore dell’articolo 32 della Costituzione. L’articolo 32 è un articolo che non pretendo che voi ricordiate, neanche io conosco tutti gli articoli, però quello dice che i cittadini, chi si trova sul territorio del nostro Paese ha diritto alla salute e alla cura, nel rispetto del diritto e della dignità, e della libertà. Bene, a queste parole che Aldo Moro scrive e che poi discute, discute con La Pira, con Calamandrei, discute con Togliatti, si aggiunge anche che nessuno può essere sottoposto a trattamento obbligatorio sanitario, se non per precise disposizioni di legge. Aldo Moro muore così, invece, senza difesa, nell’indegnità e nell’illibertà più totale. E Aldo Moro c’entra perché questo articolo 32, che vogliamo ricordare qui, è ciò che poi costituisce la Legge 180, che stiamo cercando di ricordare. È proprio lì che c’entra Aldo Moro. Quel giorno, Aldo Moro è morto, la Commissione si riunisce per l’ultima riunione ed è presieduta da Gabriella, una giovane staffetta partigiana di Treviso: è Tina Anselmi, democristiana, dirige con grande cura e con grande autorità questa Commissione, non facile. Alla fine, quasi per sincerarsi lei e gli altri del buon lavoro che hanno fatto, chiede a tutti e a se stessa: «Ma i matti, quelli che stanno in manicomio, i malati di mente sono o no cittadini per i quali vale il diritto costituzionale?», in quel momento gli arriva sulla testa la colomba dello Spirito Santo – sorrido per non emozionarmi, perché davvero questa cosa è accaduta – e tutti si illuminano e dicono che sì, da quel momento i matti saranno cittadini, e cittadini a maggior ragione, proprio perché matti.