Imputati medici e docenti, tra i nomi illustri Nivoli e Lorettu
di Nadia Cossu
SASSARI. Sarà un processo davanti al tribunale collegiale a stabilire se realmente gli imputati abbiano esercitato tutto il loro potere per bloccare l’arrivo al traguardo di una allieva “sgradita”. L’inchiesta – oggi coordinata dal sostituto procuratore Giovanni Porcheddu – era scattata due anni fa dopo la denuncia di una specializzanda e aveva avuto l’effetto di un terremoto negli ambienti universitari. Una scossa potente che aveva investito la psichiatria sassarese fino a raggiungere il suo vertice accademico: la Clinica psichiatrica con annessa scuola di specializzazione. A finire nel corposo fascicolo della Procura (ben 2100 pagine) la presunta gestione “parafamiliare” della scuola che aveva portato all’iscrizione di nomi illustri nel registro degli indagati: Liliana Lorettu, direttrice della scuola di specializzazione in Psichiatria, Giancarlo Nivoli, che ricopriva lo stesso incarico fino al 2011 e anche quello di direttore della clinica di San Camillo, la moglie di quest’ultimo Noemi Sanna, docente della scuola e ricercatrice, la loro figlia Alessandra Nivoli, anche lei docente e ricercatrice e un altro collega, Paolo Milia. Imputato anche Donato Posadinu, direttore del Servizio di psichiatria, diagnosi e cura dell’ospedale civile di Sassari. Tutti accusati a vario titolo di abuso d’ufficio, falso materiale e ideologico, esercizio abusivo della professione, soppressione, distruzione e occultamento di atti.
Bisogna fare un passo indietro. A settembre del 2014 una specializzanda in Psichiatria presenta querela «lamentando di aver subìto un illegittimo allontanamento dalla scuola di Psichiatria di Sassari come conseguenza per aver contrastato l’anomalo sistema vigente all’interno della Clinica psichiatrica di San Camillo dove si svolge il corso di specializzazione che si articola in cinque anni accademici». Una scuola che, oltre a formare gli studenti, offre assistenza ai pazienti. A dirigerla, da quando nel 2011 Nivoli è andato in pensione, è la professoressa Liliana Lorettu. Succede che la specializzanda, che quella scuola la frequentava dal 2012, aveva sollevato più volte le sue perplessità sulla gestione dei corsi, lo aveva fatto con la Lorettu ma anche con il rettore e il garante degli studenti. Tra le altre cose sosteneva che lei e gli altri specializzandi venissero lasciati soli nelle visite e nelle diagnosi ai pazienti «senza alcun affiancamento da parte dei medici strutturati che affidavano agli studenti anche la prescrizione degli psicofarmaci e dei relativi dosaggi». Da qui la contestazione dell’induzione all’esercizio abusivo della professione. Specializzandi «chiamati a rispettare l’orario di lavoro imposto dalla direttrice che veniva rigidamente applicato soltanto a loro e non anche ai medici strutturati».
Tutta una serie di rimostranze che, scriveva il gip, «fecero attirare nei confronti della studentessa le antipatie del corpo docente, che sfociarono nel suo allontanamento dalla scuola, architettato dalla Lorettu». Ed ecco il perno dell’inchiesta: l’abuso d’ufficio attraverso il quale sarebbero stati redatti secondo l’accusa atti falsi e occultati verbali per arrivare alla bocciatura della specializzanda, ormai finita nel mirino dei professori “istigati” – è il caso di Posadinu secondo il gip – sempre dalla Lorettu. Isolata a tal punto che, confidandosi con una infermiera della clinica, le aveva raccontato di esser stata anche minacciata dalla Lorettu che le avrebbe detto: «Non farai molta strada se continui così» e da Milia: «Tu non sei funzionale alla clinica e per quanto mi riguarda non andrai avanti».
Ora il gup Carmela Rita Serra, accogliendo la richiesta del pm Porcheddu, ha disposto per tutti il giudizio. Ad aprile l’inizio del processo.
(da un articolo de la “Nuova Sardegna” del 25 XI 17 di Nadia Cossu)