Presentato alla Reggia di Colorno e alla presenza di Franco Rotelli, erede di Basaglia, un volume curato da Giovanna Gallio. Oltre a saggi e interventi di esperti, i suoi appunti sugli incontri che lo pischiatra ebbe con Mario Tommasini

di Antonio Bertoncini

Sono passati oltre quarant’anni da quando Mario Tommasini, allora assessore provinciale ai manicomi, si recò con la sua giardinetta a Padova, dove, al Caffe Pedrocchi, incontrò per la prima volta Franco Basaglia, il profeta della psichiatria senza manicomi e con poche medicine. Il Sessantotto era alle porte e Mario aveva un sogno: restituire ai “ matti” una dignità e una vita: “Venga a Colorno – deve avergli più o meno detto – insieme chiuderemo il manicomio e libereremo i 600 pazienti ricoverati”.

I due avevano grande personalità, e l’incontro non fu sempre dei più facili, ma da quella che Franco Rotelli, erede riconosciuto di Basaglia, chiama “la strana coppia” è scaturito il cambiamento di vita per centinaia di migliaia di persone. Le linee della “Legge Basaglia”, quella che portò appunto alla chiusura dei manicomi, sono stati disegnate a Parma, in centinaia di incontri, riunioni quotidiane, assemblee con gli operatori che erano disposti a scommettere su un progetto che avrebbe cambiato anche la loro vita (a Colorno, il manicomio era come la Fiat a Torino), tante discussioni e litigate nella “cantina dei 33”: da tutto questo, con il politico Mario Tommasini che portava in giro sulla sua Seicento i matti che non avevano mai visto un’automobile, è nata la riforma manicomiale che ha fatto parlare il mondo intero.

Di quel lavoro negli anni della contestazione, del cambiamento, della rivoluzione annunciata, di quell’esercizio di democrazia così esteso e puntiglioso, di quelle sigarette che impestavano le sale riunioni, dei giovani medici che avevano compreso lo spirito di ciò che a tanti appariva pura utopia, è rimasta traccia negli appunti di Tiziana Belli, segretaria di Franco Basaglia a Colorno, che ha meticolosamente registrato tutto quanto veniva detto nelle riunioni e assemblee in un breve ma intensissimo periodo che va dalla metà del 1970 all’agosto del 1971.

Quegli appunti, sistemati e arricchiti dai contributi dei protagonisti, sono diventati un volume, “Basaglia a Colorno”, realizzato da Giovanna Gallio (collana Aut Aut- edizioni Il Saggiatore), presentato “sul luogo del delitto”, nella sala del Trono della Reggia di Colorno, alla presenza di Franco Rotelli, psichiatra considerato erede naturale di Basaglia, Vincenzo Tradardi, Ernesto Venturini e dell’autrice Giovanna Gallio. All’incontro c’erano autorità (il sindaco di Colorno, l’assessore provinciale Marcella Saccani, il direttore dell’AUSL Massimo Fabi), ma soprattutto c’erano tanti dei protagonisti di quegli anni, medici e soprattutto infermieri, che ricordano con nostalgia un periodo in cui hanno partecipato a qualcosa di grande.

“Colorno – ha ricordato Franco Rotelli – è stato un vero e proprio crocevia per la riforma della psichiatria. Io sono arrivato nel 1971, ho incontrato Basaglia e ho fatto fatica a capire cosa succedeva in quegli strani incontri teorici che mi sembravano così inconcludenti, interrotti dal turbine Tommasini, che tirava fuori i matti dal manicomio avvalendosi della sua rete territoriale fatta in casa, infischiandosene dei furibondi attacchi del giornale locale”. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, ma – è ancora la riflessione a voce alta di Rotelli – la psichiatria non ha ancora trovato una sua compiuta dimensione. Dunque ben vengano occasioni come queste per riflettere sulla malattia mentale a partire da una riflessine su noi stessi sull’uomo come tale. In quella scuola sul campo si sono formati tanti giovani psichiatrici che poi hanno portato a compimento il lavoro iniziato da Basaglia e Tommasini, quel lavoro che lo psichiatra aveva iniziato a Gorizia, proseguito a Parma e concluso a Trieste: a Colorno, negli anni ruggenti di Franco Basaglia, facevano guardie Bagnasco, Slawitz, Rotelli, Fontanesi, Boranga, Scalfari, Bizzarri e tanti altri, che lasciarono anche la loro firma su quella che divenne una storica impresa.

Sì, perché come sovente avviene, Basaglia a Parma lavorò per un tempo breve, ma sicuramente sufficiente per fare di Colorno una specie di simbolo, un esempio di superamento della struttura manicomiale da portare in giro per il mondo, dall’Europa dell’est al Sudamerica (dove Tommasini ebbe modo di incontrare Lula in veste di sindacalista). Nel libro firmato da Giovanna Gallio si trova tutto questo, in un breve ma intensissimo spaccato di un anno di appunti, reso ancora più interessante dai contributi postumi di Tradardi, Rotelli, Dell’Acqua e dello stesso Tommasini, con la pubblicazione di una lunga intervista sul suo rapporto con Basaglia, raccolta nel 2001 dalla stessa ricercatrice autrice del volume: vale la pena di leggerlo e forse – come è stato detto a conclusione dell’incontro di presentazione – di ripartire da qui per avviare una nuova necessaria riflessione sulla psichiatria.

tratto da: http://parma.repubblica.it 20 novembre 2009

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