di Luigi Benevelli.
Il 28 febbraio u.s., ieri, il Parlamento ha approvato il testo definitivo della legge, da tempo attesa, sulla responsabilità professionale del personale sanitario, il cosiddetto “rischio clinico”. Le novità sono molto importanti:
- Ogni Regione affida all’Ufficio del difensore civico la funzione di garante per il diritto alla salute;
- Ogni Regione istituisce un Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che dalle strutture sanitarie pubbliche e private raccoglie i dati sui rischi di eventi avversi e sul contenzioso;
- Presso l’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) è istituito l’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza in sanità che riceve i dati dai Centri regionali di cui sopra. Coll’Osservatorio collaborano le Società scientifiche e le Associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie;
- Le Società scientifiche e le Associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie collaborano con l’Osservatorio nazionale alla stesura delle raccomandazioni riguardanti le buone pratiche;
- Nei loro statuti le Società scientifiche e le Associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie devono garantire la partecipazione alle decisioni da parte dei professionisti, l’autonomia e l’indipendenza, l’assenza di scopo di lucro, la pubblicazione dei bilanci e degli incarichi retribuiti, sistemi di verifica e controllo della qualità della produzione scientifica;
- È istituito con decreto del Ministro della Salute il Sistema nazionale per le linee guida (Snig) le cui indicazioni sono pubblicate sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità previa verifica della conformità delle metodologie e della rilevanza delle evidenze scientifiche dichiarate a supporto.
Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe[1] ha di recente osservato, le “linee guida forniscono raccomandazioni basate sulle evidenze scientifiche e norme di buona pratica clinica per informare le decisioni di tutti i professionisti sanitari. Tuttavia occorre tenere sempre ben presente che non si tratta di protocolli rigorosi da applicare in maniera indiscriminata, ma è necessario considerare sempre le caratteristiche cliniche del paziente individuale, oltre che le sue aspettative e preferenze”. In particolare, precisa Cartabellotta, “nei soggetti con multimorbidità il bilancio tra rischi e benefici dei trattamenti è spesso incerto, visto che le prove di efficacia derivano per lo più da trial condotti su popolazioni selezionate, che tendono a escludere pazienti con patologie multiple. Di conseguenza, le Linee guida elaborate per singole malattie raccomandano test diagnostici e trattamenti potenzialmente non indicati nei pazienti con multimorbidità, aumentando i rischi, peggiorando la qualità di vita e generando ingenti sprechi”.
Per Costantino Troise (ANAAO), dato che “la medicina non è una scienza esatta”, le Linee-guida “ devono essere un suggerimento, non un vincolo per il medico, che se ne può discostare quando è in grado di dimostrare perché è necessari discostarsi da ciò che viene suggerito di fare. Bisogna lavorare molto sulle linee-guida, che dovranno essere condivise e largamente applicabili all’interno del sistema. Bisogna capire chi le appronta e chi le accredita”.[2]
Anche il sindacato AAROI ha espresso un commento preoccupato per “il rischio di condizionamento da interessi non puramente scientifici, in certi casi già verificatisi, costituiti” [3].
Un ruolo importante è stato affidato all’Istituto Superiore di Sanità, il cui presidente Ricciardi che ha detto di essere già fortemente impegnato “nel selezionare, produrre e validare le migliori raccomandazioni cliniche e le migliori Linee-guida indirizzate innanzitutto ai professionisti sanitari, ma anche ai decisori politici”[4].
Ora, tutto questo investirà anche il mondo dell’assistenza psichiatrica, un mondo storicamente condizionato dalla centralità della figura del medico e dall’enfasi paternalistica: “So io cosa è bene per te”. I rischi di una “psichiatria difensiva” sono enormi.
Come si attrezzeranno i servizi orientati verso la salute mentale piuttosto che alle neuroscienze? Come si muoveranno le Scuole di specializzazione universitarie che oggi formano i quadri medici, infermieristici, degli assistenti sociali e degli educatori professionali, dei riabilitatori? Cosa diranno le facoltà e le scuole di specializzazione di psicologia? È pronta e con quali proposte la Società italiana di psichiatria? Sarà necessario dare vita ad una Società scientifica dedicata alla salute mentale?
Credo che Forumsalutementale, anche con i suoi limiti, debba (o meglio, non-possa-non) accettare la sfida dei problemi sollevati e delle interlocuzioni da aprire con tutti i soggetti e gli interessi in gioco, a partire dalle questioni centrali del consenso e della qualità della vita quotidiana delle persone in trattamento. Ne va del futuro dei servizi per la salute mentale in Italia.
Mantova 1 marzo 2017
P.S.: Allego la presentazione del XXI Congresso nazionale della Società italiana di psicopatologia (Sopsi), che si è svolto al Rome Cavalieri Congress Center dal 22 al 25 febbraio 2017[5].
“La sofferenza mentale, uno dei più gravi problemi dell’epoca contemporanea in progressivo aumento a livello planetario, sarà il tema centrale del XXI congresso nazionale della Sopsi. Presenti i più importanti ricercatori nazionali e internazionali.
Obiettivo della Sopsi, la società scientifica di riferimento degli psichiatri italiani, è promuovere il “Progetto salute mentale” secondo le indicazioni dell’Oms agli stati membri, relative al Piano globale per la salute mentale 2013-2020, che prevede di “affrontare la malattia e i carichi economici e sociali, le conseguenze dei disturbi mentali sui diritti umani in tutti i paesi del mondo”. Tra i temi più importanti che verranno trattati nel congresso figurano anche quelli dei disturbi comportamentali provocati dalla varie dipendenze (droghe, ludopatie, internet).
“Come evidenzia l’Oms – sottolinea il presidente della Sopsi, Alberto Siracusano – il carico dei disturbi mentali sta aumentando e comporta forti ripercussioni sulla salute e importanti conseguenze sociali, economiche e per i diritti umani”. Anche se a determinare la sofferenza mentale concorrono cause non solo di tipo sociale ma anche neurologico, gli esperti dell’Oms e della medicina psichiatrica intendono porre al centro dei lavori del congresso “la situazione di ansia generale innescata dalla paura di quello che potrà accadere”.
Chiaro il riferimento all’instabilità sociale provocata dalla crisi economico-finanziaria, ai fenomeni del terrorismo internazionale, ai terremoti o ai cataclismi provocati dai cambiamenti climatici del pianeta. In Italia – conclude la Società italiana di psicopatologia – sono 4000 le persone che ogni anno si tolgono la vita, con un aumento dal 2008 (anno dell’avvio della crisi) di un +12% di suicidi negli uomini giovani e adulti in età lavorativa, vale a dire dai 25 ai 69 anni”.
Quali Linee-guida dalla Sopsi?
[1] Gruppo per la medicina basata sull’evidenza, in ADN Kronos Salute 13 febbraio 2017
[2] Sanità 24, 1 marzo 2017
[3] Sanità 24, 1 marzo 2017.
[4] Sanità 24, 1 marzo 2017.
[5] AdnKronos Salute, Roma, 21 febbraio.
1 Comment
Buon giorno.
Come infermiere operante nel campo della salute mentale,nello specifico in un S.p.d.c. avverto la necessità di confronto con colleghi rispetto al tema “rischio clinico”, anche alla luce dell’evoluzione della deontologia professionale inrecente evoluzione.
Questo mio commento vuole essere un invito alla riflessione con i colleghi per poter immaginare la nascita di un gruppo di lavoro che generi incontri e scambi culturali inerenti al tema.
Ringrazio chi volesse contattarmi all’indirizzo e-mail davidesciolti@yahoo.it