secondiglianodi Peppe Dell’Acqua.

Questa mattina gli ultimi 4 internati hanno lasciato l’Opg di Secondigliano per andare  in una Rems, appena inaugurata, in provincia di Avellino.

E’ il primo dei 6 Opg che chiude. Sono passati 2 anni dall’ingresso tra quelle mura del Cavallo Azzurro. Non posso non ricordare.

Alle dieci del mattino del 20 novembre 2013 con Marco Cavallo arrivammo nell’area del penitenziario di Secondigliano, anche qui muri, cancelli, guardiole. Qui, come in tutti i luoghi che abbiamo visto e che vedremo, gli spazi, le prospettive, gli angoli segnavano più degli uomini e delle parole la finalità propria dell’istituto. Negli Opg la pericolosità abita ogni angolo, impregna con la tensione della sua presenza ogni cosa. Chi è costretto a vivere in questi luoghi deve confrontarsi quotidianamente con queste immagini. L’immutabilità dell’esperienza dello spazio costringe gli internati a difficili esercizi di riduzione di sé, di sottomissione all’istituzione in un tentativo di sopravvivenza per salvaguardare al proprio interno almeno un brandello della propria dimensione umana. Costretti in questi luoghi, gli internati ridimensionano il loro sentire, introiettano le regole dell’istituto, interrompono il loro dialogo col tempo. Diventano, loro malgrado, ciò che noi conteniamo nella categoria del “malato pericoloso”. La continuità dell’esistenza, l’estensione lineare della storia personale subisce minacce, attentati e fratture crudeli. Le persone, per difesa, per sopravvivere, devono accettare quella unica e piatta identità.

Ci ritroviamo da soli davanti ai cancelli blindati di Secondigliano. C’è solo una studentessa ad aspettarci. Le costruzioni in cemento armato, i cancelli, i portoni blindati incutono paura. Anche qui lista, documenti, cellulari. Ci accoglie il Direttore sanitario Michele Pennino, assistenti sociali, alcuni educatori e operatori penitenziari che desiderano mettersi a nostra disposizione. Il Cavallo si ferma nel cortile e nel cortile vengono a trovarlo una trentina d’internati. In quel momento a Secondigliano sono circa 70. Intorno al Cavallo cominciano le domande e le testimonianze. Le storie che questa volta possiamo ascoltare in una dimensione più raccolta rimandano ossessivamente agli stessi insensati percorsi e tuttavia le parole di Giuseppe, di Renato, di Sergio e degli altri restituiscono ogni storia al suo singolare dolore. Michele Pennino è davvero accogliente e con lui, tutti insieme, alla fine di questa chiacchierata beviamo un caffè. Giuseppe con una cicatrice sul volto che testimonia chissà quale tragica esperienza accarezza il cavallo e dice: “Un cavallo deve andare per i prati e deve essere libero, allora sì che è un cavallo. I cavalli legati alle carrette finiscono di essere cavalli”. Nelle storie le stesse sequenze. Solitudine, abbandono, incuria e poi un reato, magari piccolo e poi i servizi che non ci sono e poi un reato ancora, e poi ancora uno e il giudice che chiede la perizia e il perito che dichiara l’infermità di mente e l’incapacità d’intendere e di volere e la pericolosità sociale e il giudice che sospende il processo e ordina l’internamento, la misura di sicurezza, per due, cinque o dieci anni. Ma se la pericolosità sociale persiste come per tanti di quegli uomini che abbiamo incontrato a Secondigliano, la misura di sicurezza si proroga e poi si prorogherà ancora e ancora.

Questa mattina Secondigliano ha chiuso per sempre. La misura di sicurezza, la pericolosità sociale, in una parola l’insensatezza che non possiamo più tacere del Codice Rocco e delle sue servili psichiatrie persiste.

A oggi, dai dati disponibili, risultano ancora negli Opg di Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Aversa e Barcellona Pozzo di Gotto circa 220 internati, al 15 marzo 2015 erano 689; l’Opg di Castiglione, che ha cambiato solo nome, “riorganizzato” come insieme di Rems, ne ospita 231, nelle Rems di nuova  attivazione  i pazienti  sono 208 (di cui 25 donne).

In totale poco più di 650 persone.

Di recente un articolista de Il Fatto Quotidiano lamentava, nel dare queste informazioni, come per altro quasi tutti gli organi di stampa fanno, che ancora sono aperti gli Opg e che ancora persiste nel nostro paese questa vergogna.

Che gli Opg siano e siano stati una vergogna è sicuramente vero. Ma che non si riconosca che, dal 1° aprile di quest’anno a oggi – poco meno di 8 mesi – il numero degli internati si sia ridotto di molto (meno della  metà: nel 2013 erano circa 1.400)  e che Secondigliano chiude e gli altri 4 sono in via di chiusura, sembra davvero superficiale.

Forse chi si occupa di comunicazione, ma anche gli psichiatri che citano sapientemente i numeri “dell’Europa”, dovrebbero sapere che nel nostro paese, con 60 milioni di abitanti, sono 2.000 le persone soggette a misura di sicurezza, comprese anche quelle che si trovano in libertà vigilata con progetti terapeutici riabilitativi individuali. Dovrebbero dirci che in Inghilterra e Galles – circa 60 milioni di abitanti – sono 7.000 le persone internate; in Belgio – 4 milioni di ab. – sono 4.000, in Polonia – 38 milioni di ab. – sono 7.000. Per citarne solo alcuni.

Sarebbe quanto mai utile che chi si occupa di informazione – e gli psichiatri – sapessero valorizzare lo sforzo, il difficile cammino di civiltà che il nostro paese sta compiendo e si sforzassero per cogliere la radicalità del cambiamento, la fatica per scrollarsi di dosso secoli di culture di violenza e di negazione, che cogliessero il significato del tentativo in atto – difficilissimo, ripeto – di restituire davvero dignità e diritti costituzionali per tutti. Anche per i “pazzi criminali”. Anche per queste persone, per questi cittadini, per questi soggetti. Le Rems non sono la soluzione, è evidente a tutti. Regolamenti carcerari, codice penale, insensatezze organizzative, distratte pratiche giudiziarie, prepotenza delle psichiatrie del rischio rendono quanto mai ruvido un terreno già di per sè popolato da contraddizioni profondissime.

L’Ospedale psichiatrico giudiziario di Secondigliano per primo ha sfatato le ideologie e il pessimismo delle psichiatrie. Ha chiuso.

E’ il primo. Gli altri arriveranno.

Non posso che essere contento e salutare Michele Pennino, Giuseppe, Renato, Sergio e tutti gli altri, internati e operatori, che con Marco Cavallo ho incontrato nel novembre del 2013. E augurare loro, malgrado tutto, qualcosa di meglio.

Evviva!

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