di Vito D’Anza.
Oggi ho partecipato a Roma a una tavola rotonda su “I DSM alla prova della chiusura degli OPG: quali servizi e quali scenari”. Un corso di formazione ECM organizzato da Psichiatria Democratica. Delle ottime relazioni: di Cesare Bondioli, del magistrato Francesco Maisto, del costituzionalista Daniele Piccione, dal già direttore del CNR Cristiano Castelfranchi, da Ilario Volpi ( con grande impegno anche organizzativo), da vari psichiatri, psicologi e magistrati.
Le criticità di alcune regioni italiane che hanno fatto poco o niente sull’applicazione della legge 81, l’atteggiamento della magistratura di sorveglianza che non facilita affatto il percorso, il pressapochismo di alcune regioni che tentando di correre ai ripari rispetto ad eventuali sanzioni del governo stanno facendo scelte a dir poco pasticciate ed illogiche.
Nel mio intervento ho anche annunciato che al senato della Repubblica il giorno 17 dicembre verrà proiettato il film ” 187 ore” sulla morte del maestro Francesco Mastrogiovanni, morto di contenzione fisica nel SPDC di Vallo della Lucania. Lo stesso giorno partirà la campagna nazionale contro le contenzioni lanciata dal Forum.
Il quadro generale sull’applicazione della legge 81/2015 non è per niente entusiasmante anche se rapportato all’impegno delle regioni e dei DSM italiani di far fronte a tale necessità. Ci sono regioni che esplicitamente non hanno fatto assolutamente niente e nei residui di OPG vi sono ancora decine d’internati.
Alla domanda quali servizi di salute mentale per dare risposte ai folli-rei c’è un’unica risposta: buoni servizi con buone pratiche, Significa CSM con ampio orario di disponibilità d’accoglienza, SPDC senza contenzioni e con le porte aperte, residenze ridotte al necessario e sviluppo di abitare assistito, percorsi terapeutico-riabilitativi personalizzati, TSO solo come ultima ed eccezionale risposta e non come pratica routinaria, rapporti stretti con reti di utenti-familiari-enti locai- associazionismo locale- cittadini. Servizi capaci di costruire realmente una salute mentale di comunità e non una psichiatria riduttivamente ambulatoriale e sanitarizzata. Non si può contrastare a parole lo stigma e poi nei fatti alimentare la visione del folle come pericoloso, che deve essere legato nei SPDC ( sebbene tutti dicono ” non vorremmo ma quando è necessario……..”) , rinchiuderli a vita, o quasi, in residenze invece di sostenerli nell’abitare una casa, etc.
Non esiste uno specialismo per dare risposte ai dimessi dall’OPG se non servizi capaci di dare risposte efficaci a tutte le persone con problemi complessi e tra questi anche i folli-rei. Nessun modello è specifico, ma buoni percorsi di presa in carico sì.