di Federico Scarpa
Quando per la prima volta si presenta una crisi ci troviamo improvvisamente soli, è come vedersi crollare il mondo addosso e spesso non siamo noi ad accorgercene per primi, spesso sono i nostri parenti, amici o colleghi di lavoro ad accorgersi che qualcosa non va. La crisi è come una disgregazione dell’io, non siamo più in sintonia con il mondo, quello che vediamo e viviamo non trova riscontro con la realtà.
Siamo fragili, indifesi, storditi da ciò che ci sta accadendo. La rete sociale comincia a disgregarsi più o meno lentamente mentre tutto attorno il mondo continua a correre inarrestabile. Verso dove non è dato a sapersi. Il lavoro, se c’è, si allontana più o meno improvvisamente. Il cibo cambia sapore, come le relazioni, la televisione, i giornali. La crisi è una rivoluzione. Ecco che la presenza di un servizio di salute mentale efficiente risulta di vitale importanza soprattutto nel momento di crisi. Come risulta necessaria, soprattutto nella fase acuta, la terapia farmacologica.
La crisi può essere provocata da un trauma, da un lutto o da un repentino cambiamento ma come è stato detto durante un incontro del Gruppo Recovery in un Centro di Salute Mentale, la crisi è soprattutto un segnale. E’ un segnale che ci indica che la strada fin qui intrapresa ci ha condotto verso grandi difficoltà, che le nostre azioni, i nostri pensieri e le nostre convinzioni andrebbero rivisti. Ecco che durante gli incontri del Gruppo Recovery è emersa tra le persone che frequentano i Centri l’esigenza di incontrare persone e operatori che abbiano un’importante esperienza di vita, che siano prima di tutto uomini capaci di ascoltare e dare risposte. E’ stato detto provocatoriamente che nei Centri ci vorrebbero anche degli sciamani, persone in grado di dare non solo risposte tecniche o farmacologiche, ma anche risposte filosofiche e spirituali. Perché la ricostruzione del sé può avvenire soprattutto attraverso un dialogo sincero tra la persona che soffre e chi vuole aiutarla.
Certo, come abbiamo già detto, ogni persona ha la sua storia, le sue esigenze, i suoi sogni e le sue speranze. Ogni persona ha capacità e conoscenze diverse, si trova in stadi diversi. Tuttavia c’è un filo comune tra le innumerevoli testimonianze che abbiamo ascoltato durante i quattro incontri: il bisogno di umanità. Umanità che si traduce nell’ascolto, nella fiducia, nella condivisione, nell’apertura mentale, nella pazienza e molto altro. Emerge quindi chiaramente, in un percorso di ripresa e di guarigione, la necessità di incontrare un servizio accogliente, non istituzionale, multidisciplinare e flessibile.
(continua)