Ho esperienza del digiuno religioso dei giorni di vigilia o di quando da ragazzini ci preparavamo alla comunione della domenica mattina. Bisognava arrivare digiuni a quell’appuntamento.
E ancora più intensa ho l’esperienza del digiuno che chiamerò “sanitario”. In particolare uno: le 24 ore di preparazione precedenti a un intervento al cuore. In queste circostanze il corpo diventa più presente. La percezione a tratti dolorosa e di fragilità del corpo diventa dominante. Credo sia questo il senso che ci permette di avvertire, ovvero di comprendere, sempre da molto lontano, lo strazio, la torsione, l’annientamento che devono accettare le persone per cercare di sopravvivere alle istituzioni totali. Il rifiuto ostinato del cibo, il digiuno disperato cui sono costretti gli internati di ogni tempo e di ogni luogo per rivendicare uno spiraglio di presenza, un brandello di diritto.
Non posso non pensare non tanto e non solo ai 700 che oggi sono internati, ma soprattutto a quanti la persistenza di leggi e dispositivi perversi e insensati sono a rischio di entrare nell’oscurità della perizia, dell’incapacità, della misura di sicurezza (infinita).
Non posso non pensare a un giovane, poco più che 19enne, che il Tribunale di Vicenza 3 giorni fa ha prosciolto dichiarandolo incapace e ordinando 4 anni di misura di sicurezza. L’infondatezza e la presupponenza della psichiatria hanno condannato questo giovane, la freddezza e la distanza del giudice hanno ratificato l’assurda sentenza dello psichiatra. Il giudice monocratico più di ogni altro magistrato, come ha detto il presidente Mattarella, dovrebbe essere massimamente attento agli “esiti della decisione”.
Il giovane, dall’età di 12 anni, in cura – si fa per dire – presso i servizi di quella città e poi in decine di sedicenti comunità terapeutiche, istituti, reparti di neuropsichiatria infantile, ha subito centinaia di giorni di contenzione, trattamenti farmacologici inusuali per un adolescente, allontanamento di fatto da ogni forma di possibilità di crescita.
Il suo reato, gli esiti della colluttazione con il terapeuta col quale stava animatamente discutendo, non è stato considerato dal giudice annullato dal proscioglimento. Un reato che si farebbe fatica a rubricare tra gli articoli del Codice Penale e comunque il massimo della pena prevista sarebbe stato esagerando, poco più di mezzo anno.
Con rapidità insolita per la giustizia quando affronta i reati dei potenti, il giovane ha già trascorso un anno con una misura di sicurezza provvisoria e ora, dopo un processo “farsa” che solo doveva confermare la sentenza della psichiatria più bolsa e inconsistente, 4 anni di misura di sicurezza.
Il digiuno per dire che dobbiamo restituire il diritto a tutti. Diritto al processo, diritto all’esecuzione della pena.
Lo Stato dovrà finalmente occuparsi dei cittadini per quello che fanno e non per quello che sono.
Nel Tribunale di Vicenza, qualche giorno fa, ancora una volta, la malattia, la pericolosità (?) hanno annullato ogni cosa, hanno cancellato quel giovane e la sua storia, hanno ipotecato con violenza inaudita il futuro di un ragazzino.
1 Comment
caro beppe
come fare a non essere d’accordo con quanto scrivi circa l’infondatezza e la presupponendo della psichiatria, l’arbitrarietà de suo giudizio/sentenza. Spero che il digiuno ti aiuti a far chiarezza e ti aiuti a cogliere la contraddizione nel continuare da una parte a registrare la brutalità, l’insensatezza e l’infondatezza delle pratiche psichiatriche e dall’altra proporre servizi di salute mentale aperti 24 ore e/o la presa in carico degli internati in OPG dagli stessi servizi.
Tu ami parlare di psichiatrie, così da tirarti fuori (e tirare fuori i servizi delle “buone pratiche”) da questo giudizio impietoso, segnalando che c’é o ci può essere una psichiatria diversa.
Come sai io non credo a questa presunta o possibile psichiatria “democratica” (se non quando e se avrà il coraggio di rimettere il suo mandato sociale; si libererà unilateralmente di tutti gli strumenti di coazione, ivi compreso il TSO, e declasserà il suo sapere a mera ipotesi senza alcun valore scientifico o valenza legale).
Ma non è questo il problema. I nostri su questa questione sono e possono restare punti di vista inconciliabili.
La questione è se si deve accettare questa sorta di roulette russa per cui si può essere giudicati, reclusi o liberati a seconda dell’orientamento o della benevolenza dello psichiatra che ci troviamo davanti, oppure se vadano proposte e realizzate norme vincolanti che limitino la strapotere psichiatrico e garantiscano sempre e indipendentemente della sensibilità/concessione degli operatori, dei livelli essenziali di rispetto dei diritti fondamentali delle persone.
Occorre abolire il “doppio binario” che impedisce alle persone di rispondere delle proprie azioni e ridà dignità e pari opportunità ai rei folli, abbandonare le perizie psichiatriche come elemento di prova e cancellare gli istituti di pena “differenziali” (OPG o rema he siano).
E intanto che si mette mano a questa riforma strutturale, credo che:
1. andrebbe equiparata la durata massima della misura di sicurezza (detentiva e non detentiva) alle pena minima prevista per il reato per cui si viene prosciolti,
2. non andrebbero avviate le Rems o altre strutture “differenziali”
3. andrebbe lasciata all’iniziativa e alle proposte dei reclusi l’utilizzo delle risorse economiche oggi previste per l’apertura dii strutture e per i budget di salute, lasciando ai comuni di residenza la gestione di programmi di reinserimento socio-abitativo e vita indipendente.
Lo so che non è piacevole scoprirsi parte del problema quando si pensa di esserlo della soluzione, ma tant’é non c’é altra via per liberarsi dall’OPG se non liberarsi dalla psichiatria.