La prima Relazione al Parlamento sul Programma di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (vedi il documento) è tempestiva e chiara. Gran parte degli internati risulta dimissibile: non servono proroghe, né Rems ma più assistenza nel territorio e fermare i nuovi ingressi.
Il problema era e rimane la presa in carico e la cura nel territorio delle persone con problemi di salute mentale.
La relazione dimostra che gran parte degli internati risulta dimissibile, quindi non servono proroghe, né Rems: ora è possibile chiudere gli Opg e spostare gli interventi (e le risorse) per la cura delle persone nel territorio. Ma bisogna fermare i nuovi ingressi.
I dati sul “turn over” negli OPG – nel trimestre 1 giugno/1 settembre 2014 – segnalano:
- che le previste dimissioni dei ricoverati che erano presenti in OPG al momento dell’entrata in vigore della legge (1 giugno2014) stanno avvenendo con lentezza.
- che il trend di nuovi ingressi ancora non si inverte (67 dimissioni, 84 nuovi ingressi), nonostante la legge disponga priorità alle misure alternative. Questo deve preoccupare perché spesso dipende dalla mancanza di presa in carico delle persone e di collaborazione tra magistratura e servizi delle ASL.
- che tuttavia la Legge 81 sta producendo primi effetti:
– presentati dalle Regioni/Dsm n. 826 Progetti Individuali (su 846 internati)
– giudicati “dimissibili” n. 425 persone, cioè oltre il 50% degli attuali internati: e già questo dato dimezzerebbe il fabbisogno di REMS (previsto oggi in 900 posti)
– analizzando le motivazioni che dichiarano i pazienti “non dimissibili” (si tratta di n. 350/400 persone) risulta che solo un’esigua minoranza sarebbe nelle condizioni di “dover restare” in OPG (o in seguito nelle REMS) secondo il dettato normativo.
Infatti solo il 17% dei “non dimissibili” (quindi l’8,5% degli attuali internati), secondo quanto riporta la Relazione, conserva la condizione di “pericolosità sociale” come ridefinita dalla Legge 81.
Inoltre, fra le persone dichiarate “non dimissibili” per ragioni diverse dalla pericolosità sociale, ben il 40% (circa 160 unità) lo è per “motivazioni cliniche”: una tale motivazione non sembra accettabile vista la ratio della nuova legge che sposta l’asse del’intervento dall’Opg al territorio…
Le Rems
I dati della Relazione sulle persone “dimissibili” segnalano che le Rems sono quantomeno residuali.
Realizzarle a tutti i costi (attualmente sono oltre 900 i posti progettati) sarebbe uno spreco e una scelta sbagliata.
Dalla Relazione risulta confermato, salvo eccezioni, impossibile costruire le Rems nei tempi previsti dalla Legge per chiudere gli OPG (31.3.2015). Questo solo in minima parte è un ritardo dovuto alle Regioni, sono le norme vigenti che impediscono tempi più celeri.
Ma non è un male: è semmai un’opportunità per rivedere i programmi regionali, destinando i finanziamenti in conto capitale e quelli correnti al potenziamento dei Servizi socio sanitari, DSM in primis (come prevede la stessa legge 81) e ai budget per i PTRI.
Anche per questo bisogna sbloccare il riparto dei finanziamenti di parte corrente e a dare indicazioni in questo senso in sede di Organismo di Monitoraggio e Coordinamento.
È augurabile pure che alcune regioni virtuose possano presentare progetti residenziali alternativi alle Rems
Si conferma che il tratto più interessante della legge 81 è aver spostato il baricentro dal binomio “malattia mentale/pericolosità sociale e cura/cusotodia” (Opg o Rems) ai progetti di cura e riabilitazione individuali e nel territorio. Cambiando la vecchia normativa (la legge 9/2012) si è aperta una nuova fase per applicare le nuove norme nello spirito della “legge 180”.
Perciò i programmi delle Regioni possono e devono spostare attenzione e investimenti dalle Rems (i cosiddetti mini Opg) ai percorsi di cura e riabilitazione individuali, per evitare l’internamento, potenziando i servizi socio-sanitari territoriali, che servono a tutti i cittadini. Ed è quello che sta accadendo in alcune Regioni.
La legge 81 va applicata in questa direzione, anche per scongiurare ulteriori proroghe della chiusura degli OPG e per orientare gli stessi eventuali commissariamenti per le regioni inadempienti.
Per quanto riguarda gli atti della Magistratura, secondo la Relazione illustrata, risulterebbe:
- persistenza delle misure di sicurezza provvisorie (1/3 degli internati)
- (per chi è già internato) una riduzione dei tempi per il riesame della pericolosità sociale e per la fissazione della nuova udienza. Nelle ordinanze viene prescritto un termine entro il quale i servizi devono definire un Progetto Terapeutico Riabilitativo Individuale (PTRI), avendo come finalità misure alternative alla detenzione
- che la proroga della misura di sicurezza detentiva in OPG è decisa perché persiste la pericolosità sociale o riemerge uno “scompenso psico patologico”. Su questo punto è indispensabile un approfondimento: quale “scompenso” si affronta/risolve con il ricovero in OPG ? Questa motivazione contrasta con lo “spirito” della legge 81 (e della stessa legge 180 …).
- non vi sono ancora dati sulle dimissioni per decorrenza dei termini della misura di sicurezza detentiva (quindi anche per evitare i cosiddetti “ergastoli bianchi). La cui durata massima secondo la nuova legge non può essere superiore a quella della pena per corrispondente reato”. Dalla Relazione risultano due “tendenze” per questi casi: dimissioni dall’Opg senza condizioni o con libertà vigilata. Entrambe hanno una ragionevolezza: la libertà vigilata “mantiene” in qualche modo una attenzione alla persona, può funzionare come momento di presa in carico ma la espone al rischio di violare prescrizioni e quindi di tornare in Opg, mentre la liberazione incondizionata evita questo rischio ma può accompagnarsi all’abbandono della persona. Su questo problema è necessario aprire un confronto.
Non è chiaro invece quanti detenuti (ex articolo 148 CP) siano stati inviati e siano ancora in Opg dopo l’approvazione della legge 81.
In ogni caso risulta indispensabile diffondere le migliori pratiche e i protocolli di collaborazione tra Magistratura e Regioni (Asl/Dsm).
La Relazione al Parlamento, presentata nel rispetto dei tempi previsti, chiara e con dati trasparenti, ci conferma nell’idea che non servono proroghe, né Rems. La relazione dimostra che gran parte degli internati risulta dimissibile, ora è possibile chiudere gli Opg e spostare gli interventi (e le risorse) per la cura delle persone nel territorio.
p. stopOPG:
Stefano Cecconi, Giovanna Del Giudice, Patrizio Gonnella, Denise Amerini
1 Comment
Grazie per la chiara analisi della Relazione al Parlamento e per la stringente dimostrazione che qualsiasi argomento a favore di una soluzione Resm più che residuale è – per dirla con Belli – “fòco de pajia, vento de scoreggia”. Cioè ormai solo la vocazione di alcuni per la vita comoda (come in passato coi matti legati ai termosifoni e gli infermieri a giocare a briscola) – un vero e proprio insulto a tutti quegli operatori che dalla mattina alla sera fanno i salti mortali – coniugata agli interessi clientelari per gli investimenti nella istituzione, operazione e vigilanza di strutture chiuse di ricovero, possono spiegare come sia ancora tanto vischioso il processo di scelta e applicazione di soluzioni allo stesso tempo più scientificamente appropriate, più efficaci, più umane e più economiche.
Al seminario del senato, sperando in un buon ascolto dei media, questo mi pare il messaggio – solidamente documentato sul piano sia qualitativo che quantitativo nel commento che ci è arrivato – che dovrebbe esser portato con forza: una vera e propria messa in mora, senza peli sulla lingua, di chi seguita a opporsi o a trascinare i piedi con pretesti vari.
A presto, Giorgio