11 – Le ragioni del viaggio di Marco Cavallo nel mondo di fuori per incontrare gli internati. Di Anita Eusebi.
Sul piano etico.
La dignità di un uomo esiste a prescindere dal suo stato di salute e dai reati che abbia commesso. Questo è il messaggio che Marco Cavallo vuol ribadire con il suo viaggio a fianco di stopOPG, tornando a parlare a gran voce dell’inviolabilità della persona umana, sempre e ovunque.
Un principio che vale per tutti, anche per coloro che oggi sono internati negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Più di 1000 persone recluse in luoghi definiti “indegni per un Paese appena civile” dal Presidente della Repubblica Napolitano, private di ogni diritto e soggettività, spesso legate e violate, dimenticate e sole, ridotte a “oggetti”. Persone alle quali è urgente restituire il loro volto, la loro storia, i loro diritti, la cittadinanza nel senso più ampio del termine, la dignità di essere umani.
Come scrive Peppe Dell’Acqua, si tratta di persone rese vuote “dallo sguardo e dalla parola della psichiatria”, abbandonate nel loro problema psichico e nel loro delirio. La contenzione, fisica o chimica che sia, le sbarre alle finestre, le porte chiuse a chiave, non possono che generare malessere, paura e violenza. La pericolosità e la malattia sembrano così abitare ogni angolo, e gli internati si ritrovano doppiamente costretti e sottomessi all’istituzione che mette in gabbia la malattia che dovrebbe invece ‘curare’, che a sua volta ingloba il reato senza dare possibilità di espiazione e riabilitazione.
Il problema non è dunque soltanto la condizione di estremo disagio fisico, igienico, ambientale che è già essa stessa in assoluta contraddizione con il concetto di cura, e ancor prima con quello di dignità umana, ma soprattutto il grande disagio psicologico che ne è conseguenza, un disagio che va ad aggravare ulteriormente e inevitabilmente le problematiche preesistenti. Un disagio alimentato anche dal non sapere quando la pena, e dunque la reclusione, avrà termine, in aperta contraddizione con il riconoscimento del carattere spesso transitorio del disturbo psichico. Allora ogni cosa diviene assolutamente provvisoria e il tempo trascorre in un’agonia senza alcuna speranza, un eterno parcheggio nel dimenticatoio della società, come amaramente testimoniato dal film documentario Lo stato della follia di Francesco Cordio.
“Una situazione che rende il nostro Paese indegno della Costituzione, e della stessa 180”, commenta Stefano Cecconi di stopOPG, “la cura e la presa in carico di queste persone si può e si deve attuare”. E invece abbandonati dallo Stato e soli si ritrovano spesso anche i familiari, gli educatori, gli psicologi, gli infermieri, gli assistenti sociali, gli stessi psichiatri che sono chiamati a seguirli e a ‘curarli’. Il viaggio di Marco Cavallo denuncia allora il bisogno improrogabile di investire le risorse e orientare le pratiche dei Dipartimenti di Salute Mentale, affinché possano essere parte integrante del processo di superamento degli OPG attraverso la creazione di percorsi alternativi e assistenziali a livello territoriale, nelle singole regioni, avendo gli strumenti in termini di risorse economiche e umane per poter funzionare e bene.
La preoccupazione che i finanziamenti stanziati dallo Stato prendano invece altre strade è reale, soprattutto se usati per le decine e decine di nuove strutture residenziali che si stanno progettando in tutta Italia. Non saranno infatti dei miniOPG, magari con i fiori alle finestre e le stanze pulite e ordinate, a restituire i diritti e i doveri di una piena e reale cittadinanza alle persone ora internate negli OPG. Questi saranno sempre e comunque luoghi di esclusione e di isolamento, in cui medici e infermieri torneranno ad avere il mandato di cura e custodia secondo la vecchia logica manicomiale.
Non è questo ciò che vuole Marco Cavallo. Se si rimette in viaggio è per dire che si deve lavorare sul codice penale, così come sul piano scientifico, culturale ed etico, per costruire nuovi percorsi, puntando sui servizi sociali e sui centri di salute mentale h24.