Si è conclusa da qualche giorno a Modena la terza edizione di Màt 2013, la Settimana della Salute Mentale. Grande la partecipazione di pubblico generico e di professionisti del settore, come pure giornalisti, sindacalisti, associazioni di utenti e di familiari. Tra i temi che sono stati occasione di confronto, di scambio e di riflessione, gli ospedali psichiatrici giudiziari e il viaggio di Marco Cavallo, la contenzione meccanica e il suo superamento, le politiche sanitarie, il ruolo dell’associazionismo, il rapporto del mondo della salute mentale con i mass media, le esperienze pioneristiche di Franco Basaglia, le nuove dipendenze, gli interventi precoci sul disagio giovanile, l’inclusione di studenti disabili a scuola, l’autismo. Insieme alle conferenze, spettacoli teatrali, presentazioni di libri, film, documentari e spettacoli musicali.
Quest’anno Màt ha affrontato in particolare uno dei più seri pregiudizi presenti in salute mentale, ossia la presunzione di inguaribilità. “L’abbiamo ereditata da una visione tardo ottocentesca dei disturbi psichiatrici, una visione che genera pessimismo e frustrazione negli addetti ai lavori in salute mentale, che è causa di disperazione e scoraggiamento nei pazienti e nei loro familiari e conduce nei policy-makers a soluzioni di tipo assistenzialistico, se non addirittura neo-manicomiale”, afferma Fabrizio Starace, direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche di Modena. “La guarigione, intesa come la possibilità di elaborare e trasformare l’esperienza spesso devastante di una patologia psichiatrica è ampiamente confermata dalla letteratura scientifica e dalle tante testimonianze in prima persona di chi ha attraversato l’esperienza della malattia mentale.”
La guarigione non è dunque più un tabù, ma al contrario una speranza ragionevole che va coltivata nella comunità e alimentata negli utenti e nei loro familiari, attraverso soprattutto l’accessibilità e la credibilità dei servizi orientati alla recovery, cioè volti ad accogliere, a prendersi cura, ad accompagnare i pazienti verso il recupero. Di qui la necessità di immaginare una presa in carico da parte dei medici e degli operatori, dei servizi e delle reti sociali che vada ben oltre il patologico.
“Bisogna dare voce e potere negoziale alle persone interessate”, prosegue Starace, “il sapere esperenziale si pone come necessario complemento della conoscenza scientifica, in un processo che facilita naturalmente la destigmatizzazione. E proprio per sfatare il mito dell’inguaribilità, abbiamo deciso di dare grande spazio a Màt 2013 alle narrazioni personali, alle traiettorie esistenziali delle persone che attraversano la malattia mentale. Storie di vita che mostrano come l’esperienza individuale, le relazioni, le emozioni, sfuggano alle sovradeterminazioni diagnostiche, al pessimismo dei modelli riduzionistici e aprano orizzonti di senso di incommensurabile e tragica bellezza.”
di Anita Eusebi