di Luigi Benevelli.
Marco Levi Bianchini, direttore del manicomio di Nocera Inferiore, figura importante, non banale, inquieta della psichiatria italiana della prima metà del Novecento (si autodefiniva “fascistissimo” ), pubblicò nel 1933, ottant’anni fa, sul fascicolo III della rivista da lui diretta «Archivio generale di neurologia, psichiatria e psicoanalisi» una monografia su Il suicidio e l’omicidio degli alienati internati negli ospedali psichiatrici. I dati che propose non erano quelli “ufficiali”, ma ricavati da una inchiesta da lui condotta su quanto accaduto nei manicomi italiani dal 1901 al 1932 e li aveva organizzati in capitoli che aveva intitolato “martirologi”:
- Martirologio dei Direttori e dei medici
- Martirologio degli infermieri
- Martirologio degli alienati maltrattati e uccisi dal personale di vigilanza e di assistenza o da alienati
- Suicidi degli alienati internati
Rosultava che i suicidi erano stati 162, i tentati suicidi 31, gli omicidi 22, i tentati omicidi 2, i ferimenti gravi 19, quelli lievi 24. I direttori feriti erano stati 4, 7 i vicedirettori e i medici feriti e un ucciso, 13 i sorveglianti feriti ed uno ucciso.
E commentava:
per quanto si faccia e si provveda dai Direttori e dai medici, per quanto vigili e minuziose siano le misure di vigilanza e di sicurezza escogitate ed impiegate diuturnamente (protezione dei locali, perquisizioni nelle vesti dei malati, negli armadi delle sezioni, nei letti e nei ripostigli) per quanto scrupolosa sia la sorveglianza esercitata sui malati lavoratori che usano strumenti pericolosi e sulle visite fatte dalle famiglie ai malati (spesso responsabili di molti e gravi malanni) l’esperienza più che secolare ha ormai dimostrato che non riesce mai possibile evitare in modo assoluto che un malato nasconda un oggetto dove che sia, o si procuri estemporaneamente un ordegno (…).
Solo chi vive nel manicomio giorno e notte, per anni e decenni, sa di quali diuturni sacrifici e di quali indicibili difficoltà sia materiata la vita e l’opera ospedaliera dei Direttori, dei medici e degli infermieri di manicomio (…). (pp. 242-243)
Le esperienze e i dati che vengono dalla psichiatria manicomiale, così onestamente e puntualmente raccolti e commentati ottanta anni fa da Marco Levi Bianchini, dimostrano che nemmeno i regimi carcerari, i servizi di guardia e le perquisizioni erano stati in grado di evitare la violenza e le sue conseguenze più tragiche. Lo conferma, nel nostro tempo, il “martirologio” delle persone morte legate in Spdc.
La risposta al problema è più salute mentale, più persone che operano in servizi che non siano isolati ma aperti, in spazi decorosi e ospitali, non ridotti ad ambulatori, soprattutto nei “quartieri difficili”.
Mantova, 5 settembre 2013