Esprimiamo innanzitutto le nostre condoglianze e la più sentita vicinanza alla famiglia della dottoressa Paola Labriola, dei servizi psichiatrici di Bari, deceduta in seguito all’aggressione di un paziente,
Un breve commento:
Non bisogna dare alla legge 180 le colpe dell’austerity, cosa che invece sta avvenendo a sentire certi commenti alla tragedia.
1) Innanzitutto il paziente in questione non è malato di mente, ma tossicodipendente, cosa che più che sulla psicosi apre il discorso sul complicatissimo problema delle dipendenze che sono altra cosa.
2) In tempi in cui si parla tanto di femminicidio, è utile sottolineare che si torna a colpire una donna, una donna di “potere”, nel suo ruolo di medico e di professionista. Ciò è espressione del problema del maschilismo, delle sue ideologie e dei suoi abusi, condivisi da tutte le istituzioni, e quindi anche dalla linea arretrata che attraversa psicologicamente ciascuno di noi.
3) La legge 180, per funzionare adeguatamente, ha bisogno dello stato sociale pieno, come sancito dalla Costituzione, senza continue riduzioni degli organici dei servizi, blocco del turnover degli operatori, ecc.. In una parola episodi come questo sono il frutto delle drammatiche politiche di austerity che ogni giorno si trasformano anche in disagio psichico, che gli operatori devono fronteggiare, con sempre meno risorse a disposizione. Quello che gli economisti chiamano effetti sull’economia reale di politiche economiche millantate come necessarie, per gli operatori e per la società si chiamano sofferenza, depressione, morte. Se manca l’uguaglianza sostanziale che la Costituzione impone allo Stato di garantire a tutti i cittadini, le colpe non sono della legge 180 ma delle leggi con le quali lo Stato ha smesso di porre la dignità umana al di sopra delle esigenze dell’economia.
4) La pericolosità non è un dato assoluto, ma si declina in rapporto all’organizzazione dei servizi. Per esempio i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura che funzionano a porte aperte e senza contenzione fisica, hanno tassi di episodi aggressivi significativamente inferiori a quelli che hanno la porta chiusa e praticano la contenzione meccanica. Quindi servizi aperti ed efficienti offrono garanzie maggiori di servizi chiusi, corazzati, come era il vecchio manicomio. Per questo ribadiamo che la risposta a questi tragici episodi non può essere la militirizzazione dei servizi, ma il loro potenziamento in rapporto all’aumentato disagio psichico.
Paolo Tranchina, Psichiatria Democratica Toscana
Collaborazione di Teresa Tranchina, Firenze