[articolo uscito su sossanità.org]
Le prime indicazioni del gruppo di lavoro, composto da più di 12 associazioni, che si è riunito per individuare una linea per il buon uso dei finanziamenti europei, finalizzati soprattutto all’assistenza sanitaria sociale territoriale
▪ L’emergenza sanitaria da Covid-19, e le gravi conseguenze sociali ed economiche che ha provocato, hanno spinto i Governi dell’Unione Europea a riconsiderare le politiche di austerity, perseguite in questi anni con esiti catastrofici, e a mettere finalmente a disposizione ingenti risorse per il rilancio dei Paesi colpiti dall’epidemia. Si tratta di una fondamentale occasione per ripensare e rilanciare il nostro welfare socio sanitario.
▪ Le risorse sono sostanzialmente, ma non solo, quelle provenienti dal Recovery Fund (progetto Next Generation UE; per l’Italia: 209 miliardi di cui 90 come sovvenzioni) e quelle (ancora da decidere) del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). Tuttavia non è scontato che saranno spese bene: sarebbe imperdonabile fare errori o sprecarle. Perciò occorre inserire le risorse in Progetti con obiettivi chiari e verificabili, destinandole in modo significativo al welfare socio sanitario.
▪ La drammatica lezione della emergenza pandemica ci ha confermato che è indispensabile rendere più forte il Servizio Sanitario Nazionale, pubblico e universale e che priorità assoluta sono il potenziamento e la ristrutturazione dell’assistenza integrata sociosanitaria territoriale, avendo ben presente che la sua risorsa principale, come si è visto, è il Personale. È evidente che il modello che separa sanità da sociale, fondato prevalentemente sul “ricovero”, sia in ospedale che in altre strutture residenziali, come le Rsa, ha mostrato enormi limiti. È invece diritto e aspirazione di ogni persona vivere e curarsi nel proprio contesto di vita, con il sostegno dei servizi domiciliari e territoriali. Ciò è più efficace e sicuro, a maggior ragione quando la persona è più vulnerabile: anziana e non autosufficiente, con malattie croniche, con problemi di salute mentale, dipendenze, disabilità, detenuta, migrante, ecc.
▪ È necessario che si affermi in maniera compiuta un modello di “salute di comunità e nella comunità”. È necessaria una transizione da un sistema sanitario focalizzato sulla patologia a un sistema centrato sulla salute, che non eroghi solo prestazioni, ma operi per contrastare le malattie, in un’ottica di prevenzione e promozione della salute. È necessario un rinnovamento delle politiche sociali, a lungo relegate al margine delle politiche pubbliche, per accompagnare gli individui lungo l’intero percorso della vita, in particolare nei momenti di fragilità, in modo integrato con il sistema sanitario. Tutto ciò è indispensabile per aiutare le persone a stare bene, per costruire comunità locali resilienti, per garantire un’assistenza continua e globale, facilmente accessibile e flessibile, capace di prendersi cura delle persone nel contesto in cui vivono, assicurando continuità tra territorio e ospedale, promuovendo un utilizzo appropriato dell’ospedale, favorendo il protagonismo di individui, formazioni sociali e sindacali.
▪ In questo contesto, il potenziamento del territorio è parte di un disegno complessivo e unitario di rinnovamento del sistema sanitario e rappresenta un modo di concepire la sanità che riguarda tutti i livelli di assistenza, compresa l’assistenza ospedaliera. In tal senso il superamento degli storici divari nell’offerta ospedaliera (a danno delle popolazioni di alcuni territori, in particolare del Mezzogiorno) costituisce un obiettivo da perseguire in sinergia con quello del potenziamento del Distretto, in un’ottica di reciproco rafforzamento.
▪ Le risorse che si renderanno disponibili possono permettere, finalmente, di realizzare questo modello, la cui costruzione è stata ostacolata non solo dalla mancanza di finanziamenti ma anche dalle molte resistenze culturali e da precisi interessi. Un simile modello presuppone una forte propensione all’innovazione e al cambiamento. Le malattie croniche non trasmissibili, la sofferenza e la disabilità che comportano – protratte e variabili nel tempo, sfidano il modello dominante di assistenza sanitaria e richiedono modelli altamente innovativi capaci di coniugare interventi sanitari e interventi sociali; richiedono inoltre una grande flessibilità nella organizzazione dell’assistenza (come sostiene l’OMS).
▪ Ecco perché le risorse vanno indirizzate verso progetti di innovazione del nostro welfare, piuttosto che incanalate nei settori “tradizionali” in cui sinora si sono concentrate. Occorre perciò investire in Progetti dedicati a una forte infrastrutturazione dei servizi territoriali, una loro solida organizzazione, ragionevolmente omogenea su tutto il territorio nazionale, una ben più robusta attenzione ai determinanti sociali della salute.
▪ Ciò implica un utilizzo delle risorse per Progetti strategici, superando distribuzioni “a pioggia” o a quota capitaria, per evitare dispersioni e duplicazioni e, soprattutto, per evitare il perpetuarsi dei divari preesistenti, a lungo denunciati ma poco contrastati.
▪ I singoli Progetti devono indicare anche percorsi di convergenza finalizzati al superamento delle disuguaglianze di salute tra la popolazione e tra territori (Nord e Sud in specie) e al loro interno, per una maggiore uniformità nel Paese nell’accesso a servizi e a prestazioni di qualità, come prevede la nostra Costituzione, e per raggiungere un’effettiva universalità nel godimento dei diritti sociali.
▪ Le risorse devono essere destinate non solo a spese in conto capitale, ma anche a spese correnti per progetti “start up” e per l’acquisto di beni. Non solo “muri e attrezzature tecnologiche”, peraltro importanti, ma formazione e ricerca, progetti personalizzati di presa in carico, assistenza domiciliare, coprogettazione intersettoriale e partecipazione democratica, senza i quali il progetto di infrastrutturazione sarebbe incompiuto.
▪ Perché questo cambio di paradigma metta solide radici c’è bisogno di un ripensamento profondo della formazione dei futuri e degli attuali professionisti della salute e del sociale, a partire dalle università, per superare la diffusa carenza di competenze su temi quali la sanità pubblica, i determinanti di salute, il lavoro in rete, l’integrazione fra settori, istituzioni e professionisti, il ruolo delle comunità.
Bisogni e risorse: innovare, recuperare i ritardi, superare i divari
In questa parte del documento vengono proposti il Piano Nazionale per l’Assistenza socio sanitaria territoriale (PNT) e i relativi Progetti specifici nazionali, da attuare a livello regionale e locale. Essi riguardano sia l’ambito sanitario che quello sociale (in una prospettica di reale integrazione) e chiamano in causa le responsabilità istituzionali di Governo, Regioni e Comuni. Per il successo dei Progetti – considerato che riguardano proprio l’infrastruttura sociale del territorio – è decisivo il ruolo di Regioni e Comuni. E devono essere disegnati, realizzati e valutati con il coinvolgimento delle associazioni sociali, delle organizzazioni del Terzo Settore e sindacali e la partecipazione dei cittadini, come raccomanda l’OMS.
I progetti sono in parte nuovi e in parte riprendono progetti già elaborati ma rimasti del tutto, o parzialmente, inattuati (anche per ragioni economiche): in quest’ultimo caso si tratta di individuare strumenti operativi per rimuovere gli ostacoli che ne hanno impedito la realizzazione, recuperare i ritardi e superare i divari nella loro attuazione (fra territori, gruppi di popolazione e problemi di salute).
Il Piano Nazionale per l’assistenza socio-sanitaria territoriale (PNT)
Il rinnovamento del sistema socio sanitario ha come leva principale il potenziamento dell’assistenza territoriale, il cui compito – presidiare la salute delle persone e delle comunità – è stato riscoperto dopo anni di disattenzione proprio in occasione della pandemia di Covid-19.
Un efficace potenziamento delle reti dell’assistenza socio sanitaria territoriale richiede un impegno collettivo e un’organizzazione “strutturata” nel Distretto in grado di organizzare i servizi in funzione delle persone e della comunità (e non delle malattie), realizzando una forte integrazione fra professionisti e fra istituzioni, fra sociale e sanità, con la partecipazione della popolazione. È dunque il Distretto socio sanitario, inteso come “struttura forte”, il baricentro e il motore per l’assistenza territoriale, e da cui devono dipendere strutture e professionisti.
Il PNT richiede una molteplicità di interventi, sul piano culturale (un deciso cambio di prospettiva: dalle prestazioni alle persone e alla comunità) e sul piano economico (utilizzando bene le risorse, partendo dai bisogni e non dal mercato). Implica interventi che possono essere realizzati: a) con le risorse già disponibili (attraverso una loro migliore finalizzazione), b) con risorse aggiuntive destinate a coprire spese correnti concentrate prevalentemente nei primi anni di riorganizzazione (“start up”) e c) con risorse aggiuntive destinate a coprire spese di investimento.
Il PNT individua obiettivi da perseguire, azioni da realizzare, risorse da impegnare e strumenti di monitoraggio. Si articola in Progetti riferiti a specifici ambiti di intervento, rispetto ai quali il PNT svolge il compito di assicurarne il coordinamento, in particolare nelle azioni trasversali che coinvolgono più progetti specifici, e promuoverne un concreto e deciso impatto locale.
Il PNT: i 7 obiettivi da perseguire
1. Rispettare la dignità di ogni persona e il diritto universale alla tutela della salute e all’accesso tempestivo ad un’assistenza sociale e sanitaria di qualità. Un’attenzione particolare è rivolta alle persone fragili, nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia.
2. Migliorare la qualità dell’assistenza e rispettare il diritto di curarsi nel proprio contesto di vita.
3. Superare i divari territoriali per garantire il diritto alla salute e alle cure in ambito sociale e sanitario su tutto il territorio nazionale, come prevede la Costituzione.
4. Favorire un’occupazione stabile e di qualità nel settore sociale e sanitario, e nei settori extra welfare (es. per chi lavora nella riqualificazione degli ambienti e delle strutture).
5. Migliorare la qualità e la sicurezza dei luoghi delle cure, a beneficio di utenti e operatori.
6. Promuovere comunità dotate di luoghi/spazi adatti alle esigenze delle persone vulnerabili.
7. Promuovere l’uguaglianza di genere, anche sostenendo le attività informali di cura.
Il PNT: 15 azioni da realizzare, anche all’interno degli specifici progetti
1. Definizione di standard e requisiti qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi per l’assistenza territoriale, e per le strutture residenziali e semi residenziali che operano nell’area della integrazione socio sanitaria.
2. Definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali e di strumenti per l’integrazione con i Lea sanitari, con i relativi finanziamenti (es. budget di salute).
3. Transizione dai percorsi verticali orientati alla cura della patologia (PDTA) e alle reti integrate di cure primarie orientate alla salute di persone e comunità.
4. Formazione e aggiornamento professionale (cure primarie, presa in carico proattiva, integrazione, lavoro in rete, budget di salute, ecc.), informazione e comunicazione.
5. Potenziamento delle reti socio-sanitarie territoriali a partire dall’adeguamento delle risorse di personale nel sociale e nel sanitario, integrate e coordinate dal Distretto.
6. Formazione universitaria di MMG e professionisti sociosanitari, anche con percorsi formativi comuni alle diverse figure professionali. Inserimento di MMG, PLS all’interno del Distretto.
7. Significativo potenziamento di assistenza domiciliare, cure palliative e terapia del dolore.
8. Adeguamento delle dotazioni tecnologiche e informatizzazione dell’assistenza territoriale, anche per la relazione/continuità ospedale territorio.
9. Ristrutturazione/realizzazione di tutte le strutture territoriali: Case della Salute, strutture intermedie, presidi a degenza temporanea-Ospedali di Comunità, Consultori, Centri di Salute Mentale, Servizi per le Dipendenze, Poliambulatori, Centri neuropsichiatria infantile, hospice, ecc.
10. Adeguamento e qualificazione di tutti i luoghi delle cure destinati all’assistenza territoriale (compresi impianti di areazione/climatizzazione, sale di attesa, servizi igienici, spazi verdi, ecc.).
11. Riconversione delle strutture residenziali di grandi dimensioni e non inserite nelle comunità.
12. Realizzazione nelle comunità di luoghi, spazi, abitazioni adeguati alle esigenze delle persone fragili e con disabilità, compresi interventi di domotica.
13. Realizzazione di interventi per rendere le “Comunità amiche delle persone con demenza” (dando attuazione alle Linee Indirizzo Conferenza Regioni dicembre 2019).
14. Realizzazione di progetti per la mobilità delle persone con disabilità.
15. Potenziamento delle attività di prevenzione, individuale e collettiva (anche dando attuazione del nuovo Piano nazionale della Prevenzione 2020-2025).
Il PNT: le risorse necessarie
Sono previste spese totali per 30 miliardi distribuiti su 3 – 4 anni per una solida infrastrutturazione della rete territoriale finalmente ai livelli previsti per la rete ospedaliera. Una solida rete territoriale è peraltro indispensabile per assicurare la qualità e l’appropriatezza dell’assistenza ospedaliera e la continuità assistenziale.
Al PNT sono destinati 4 miliardi per le azioni trasversali, le restanti risorse sono destinate ai Progetti specifici sotto indicati. Il PNT e i Progetti specifici sotto indicati rappresentano le 10 priorità, e si inseriscono nella più complessiva programmazione, sull’utilizzo delle risorse europee per il rilancio del SSN (che solo per il Recovery Fund si stimano valere 68 miliardi) e del Welfare Sociale.
2 miliardi sono destinati al Progetto Salute Mentale.
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