«… I matti hanno costruito qualcosa che faccio fatica a definire. Qualcosa di più duraturo. Hanno riempito la pancia del cavallo di storie e di desideri: l’orologio che Tinta desiderava più di ogni altra cosa, il porto con le navi e il capitano della giovinezza di Ondina, le tante agognate Marie, il paio di scarpe nuove…quel 25 febbraio un corteo di più di 600 matti attraversa con il cavallo le vie della città…»
[da Non ho l’arma che uccide il leone di Peppe Dell’Acqua, Collana 180. Archivio critico della salute mentale. Ed AB Verlag, Merano]
La storia nasce da un cavallo vero, in servizio all’ospedale psichiatrico di Trieste con il compito di trainare il carretto della biancheria, giunto a fine carriera e destinato al mattatoio, quando un degente dell’ospedale scrive una lettera al Presidente della Provincia e la firma Marco Cavallo, e il cavallo viene adottato e l’anno dopo diventa anche un laboratorio artistico e inizia il suo primo viaggio in città e poi per il mondo, dovunque ci sia un ospedale psichiatrico da chiudere.
La canzone Marco Cavallo l’abbiamo composta stimolati dal mio romanzo ‘E Riavulille, ambientato nel 1977, nel quale un gruppo di giovani di una radio libera, tra le tante cose che li vede partecipi, scoprono che nel manicomio provinciale ci sono rinchiuse quasi mille persone, molte dimenticate lì da qualche decennio, e così vanno con i registratori a intervistarle, in attesa dell’approvazione della Legge Basaglia in discussione in quel periodo e risultato di un lungo movimento di impegno di lavoro e di lotta; i giovani del romanzo vanno anche a Trieste nel mese di settembre del 1977 al terzo Reseau di alternativa alla psichiatria a cui partecipano oltre cinque mila persone, da tutta Europa.
«Quel pomeriggio e i seguenti alla Radio avevano rimontato le testimonianze registrate e ne avevano mandato in onda dei pezzi, alternandoli ai commenti sulla battaglia in corso in Italia per la nuova legge, o ai brani dal libro di Franco Basaglia L’istituzione negata. Aura, con la furgonata di libri acquistati a Roma in maggio aveva portato a casa anche una piccola antologia di poesie di donne e ora le sembrava che solo queste avessero leggerezza e densità giuste per accompagnare la sonorità di quelle voci. Quando andarono in onda lei lesse alcuni versi di Amelia Rosselli: Fra le stanze che oscuravano la mia viltà ve n’era una che rimbombava: era la notte. Io mi fingevo pazza e correvo a sollevare i pazzi dal suolo, come fiori spetalati. Non era luce che si dibatteva tra i cristalli, era la mia volontà di sopravvivere!
Il movimento di antipsichiatria aveva già anni di esperienze al proprio attivo, era diventato una componente essenziale dei mutamenti culturali e sociali in atto, nel senso della liberazione dai vecchi equilibri gerarchici di potere non solo nelle strutture sociali e nelle istituzioni, ma anche dentro le relazioni quotidiane. Aura era convinta che questo movimento, insieme a quello delle donne, fosse una delle due spinte più importanti che potevano minare davvero, nel profondo, le basi del potere tra le classi»
La legge fu poi approvata il 13 maggio 1978, quarantadue anni fa.
Marco Cavallo, una canzone di Tullio Bugari (testo) e Silvano Staffolani (musica), ricordando Franco Basaglia, tratta dalle canzoni composte per il romanzo ‘E Riavulille.
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