Se stasera sono qui è perché oggi è il 10 ottobre. Non sarei venuto se fosse stato il 9 o l’11 ottobre, anche perché se fossi venuto ieri o se venissi domani non troverei nessuno. Questo dimostra quanto io sia lucido e ben orientato nel tempo e nello spazio. E c’entra con il discorso che faremo tra poco.
Ma oggi è il 10 ottobre ed è una data importante perché il 10 ottobre è la Giornata Mondiale della Salute Mentale.
Le giornate mondiali sono belle e variate, sono una specie di calendario laico inventato dall’ONU tanto per fare qualcosa. Ieri, per esempio, era il 9 ottobre ed era la Giornata Mondiale della Posta. Il 21 novembre sarà la Giornata Mondiale della Televisione. Sono importanti, ma quella di oggi, la giornata Giornata Mondiale della Salute Mentale, secondo me è più importante e più bella.
Un po’ perché la salute mentale riguarda tutti, anche i postini e anche chi fa la televisione. Un po’ perché, dicono gli psichiatri, un italiano su tre ogni anno ha un problema di salute mentale. A volte sono problemi – come dire – leggeri, che ci lasciano nella nostra vita. A volte disturbi più severi, che stringono la vita e ce la cambiano radicalmente. Però sta tutto appeso alla stessa umanità. Io che sento una malinconia languida e lui che mi sembra fuori ma fuori di brutto, siamo uniti dallo stesso filo. Siamo seduti sulla stessa panchina. La questione della salute mentale è che – io credo – possa capitare di star male, di essere “matti”, esserlo per un po’ ma non diventare mai “matti” professionisti.
Bisogna che alla sofferenza, anche quando la sofferenza è grande e non da tregua, non si aggiunga l’esclusione. Se si è fuori di testa passi e poi passa. Se si è anche fuori da un circuito di comunicazione, di affetti, di senso, si diventa “matti” professionisti. Non si è più persone ma solo malattia.
Il manicomio – quando c’erano i manicomi – questo faceva: toglieva umanità, diritti, futuro alle persone che non erano più cittadini ma internati. Crocifissi alla malattia. Malati per sempre. Invece la sofferenza va e viene, viene ma anche se ne va. Così bisogna restare sempre “matti dilettanti”.
Anche per questo la Giornata Mondiale della Salute Mentale, oggi, è importante. Un orgoglio italiano perché in Italia abbiamo la legge più civile e rispettosa e moderna del mondo. Dice che se si ha un problema di salute mentale si deve essere curati ma si resta cittadini. Non si perdono i diritti civili. Prima, se si aveva un problema di salute mentale, non si poteva più andare a votare. Adesso ci vuole un coraggio da matti per andare a votare. Ma ci andiamo. Ci mancherebbe.
E la cosa più bella di questa giornata è quello delle voci.
Per molti anni il discorso sulla follia lo hanno fatto quelli che curano: gli psichiatri, gli psicologi, gli operatori. Parlavano per “loro”. “Loro”, i matti, erano prigionieri di mura trasparenti ma molto alte che hanno un po’ sostituito le mura di mattoni, cemento e cattiveria dei manicomi. I matti non potevano dire di sé. Di cosa serve per stare bene, per curarsi. E di cosa non serve. Di cos’è fatta la sofferenza. I matti erano considerati sempre “incapaci”. “Incapaci di intendere e volere”. Adesso i “matti” non sono più incapaci. Intendono e vogliono. Vogliono riprendersi la parola. Ad aprile di quest’anno – le cose più belle nascono in primavera – è nato un Coordinamento Nazionale degli Utenti della Salute Mentale. Un sindacato dei “matti”.
E non è finita. Da alcuni anni le persone che sentono le voci (Manninooo… il tuo programma sta per finire…) hanno fatto un movimento: il Movimento italiano uditori di voci. E fanno sentire la loro voce.
Da alcuni anni,a inizio estate, le cose più belle succedono a inizio estate, a Trieste – Trieste è la capitale mondiale della salute mentale – c’è una grande convention di “matti”. Si chiama Impazzire si può. Impazzire si può perché si può guarire. Guarire si può, anche dal disturbo mentale più severo. Lo raccontano le persone che sono guarite.
Quindi, in occasione della 20esima Giornata Mondiale della Salute Mentale, outing collettivo a Se stasera sono qui. Alzi la mano chi ha avuto un problema di salute mentale.