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di PEPPE DELL’ACQUA*

È il viaggio del giornalista e scrittore nel mondo delle cure Usa. I suoi due figli i sono ammalati di schizzofrenia, uno si è suicidato. Da lì è iniziata in cammino drammatico durante il quale ha scoperto falle nelle cure, abbandono, paura
Powers deve costatare che nel Vermont come in tutto il mondo le politiche di salute mentale sono basate sul pregiudizio della pericolosità e dell’inguaribilità. Sono programmate con approssimazione tanto che i servizi finiscono per essere lontani dalle persone e di dubbia utilità. Il ricorso inspiegabile e disumano alla contenzione, all’isolamento e a tutte le forme di privazione della libertà non poteva che restare inspiegabile. Comprende che la negazione dei diritti umani è la condizione più compromettente. Una condizione che ostacola le buone cure, le possibili riprese, il desiderio di emancipazione e invade il campo con tutto il peso dello stigma, dell’esclusione, della discriminazione.
La legge 180, che compie oggi 40 anni, segna in Italia la fine dell’internamento e ha avviato lo sviluppo di servizi territoriali, qualcosa di simile ai centri di salute mentale che avrebbe voluto Kennedy. È stata la fine di una legislazione speciale: l’internato, il malato di mente entra in scena, diventa un cittadino cui lo stato deve garantire i suoi fondamentali diritti costituzionali, una persona la cui dignità deve assumere un valore assoluto, un soggetto singolare che pretende ascolto, cure, attenzioni altrettanto singolari. Anche noi la chiamiamo deistituzionalizzazione ma non ha niente in comune con le politiche di taglio delle risorse che portò Reagan a chiudere con prepotenza e non curanza i manicomi. Da allora nel nostro paese non è stato più possibile ignorare i malati di mente. Questo libro coraggioso costringerà a ulteriori e attente riflessioni le associazioni dei familiari, le persone che vivono l’esperienza del disturbo mentale, le migliaia di operatori che sempre devono sentire la necessità di arricchire le loro conoscenze e coltivare un pensiero critico. E chiede a noi tutti di uscire dall’indifferenza e diventare partecipi.
insegna Psichiatria sociale all’Università di Trieste. Insieme al neurologo e psichiatra Franco Basaglia (1924-1980) ha condiviso i motivi ispiratori di una rivoluzione medica che ha rinnovato profondamente l’organizzazione dell’assistenza psichiatrica in Italia, portando nel 1978 alla chiusura degli ospedali psichiatrici

“CHISSENEFREGA DEI MATTI” è il libro che il Premio Pulitzer Ron Powersnon avrebbe mai voluto scrivere. Quando i suoi due figli si sono ammalati di schizofrenia, Ron Powers ha scoperto la miseria delle psichiatrie e l’orrore degli ospedali psichiatrici. Con sua moglie Honoree si è trovato disarmato in un mondo duro e sconosciuto. Hanno incontrato psichiatri e psicoterapeuti e facevano fatica a comprendere le loro lingue; hanno dovuto sopportare la presunzione delle certezze farmacologiche e l’evidente fragilità dei fondamenti “scientifici” dei trattamenti. Ha dovuto affrontare l’inerzia che assale una famiglia quando si trova di fronte a un rischio così imminente di disgregazione. Riconoscere la malattia in una persona cara è un’impresa tra le più sgradevoli. Bisogna superare finzioni, svelare segreti, rompere raffinati equilibri inventati per sopravvivere alla tragedia.

Il primo dei suoi due figli è morto suicida. Powers ha fatto molta fatica a “prendere le misure” per parlarne e per restare in un’esistenza così dolorosa, ruvida e amara e affrontare il travaglio per entrare in questa sua storia per raccontarla e riuscire finalmente a mettere il naso fuori, nel mondo. Nel tardo pomeriggio di un freddo giorno invernale con la moglie Honoree  partecipa  a un incontro pubblico nel parlamento del Vermont. Erano stati invitati dal Comitato per la Salute e il Welfare. C’erano i malati di mente a discutere. Affermavano con pacatezza il loro diritto e denunciavano i ritardi nelle cure dovuti alla carenza di programmi, di trattamenti adeguati e di risorse. Powers fu sorpreso dalla compostezza di queste persone e dall’abbigliamento: la tenuta di una normale giornata di lavoro nel Vermont, dice, camicie di jeans e flanella e gonne in denim; le donne con i capelli in disordine, gli uomini con la barba non fatta. Fu una rivelazione: i malati mentali emergevano dalla consueta invisibilità per portare testimonianza di sé. Si rese conto che fino a quel momento, quasi a voler tenere distante il dolore, aveva “convertito i malati mentali in astrazioni”. Aveva smesso di vederli.

• I PREGIUDIZI

Di recente è venuto a Trieste il dr. Jonathan Sherin, direttore dei Servizi di salute mentale di tutta la contea di Los Angeles. Accompagnato da numerosi suoi colleghi ha voluto visitare tutta la rete dei servizi e sapere ogni cosa sulle leggi italiane. Da alcuni rapporti dell’Oms aveva saputo di Trieste e dei suoi servizi territoriali aperti 24 ore su 24 e sette giorni su sette della legge 180 e faceva fatica a credere che un Paese potesse veramente aver chiuso tutti gli ospedali psichiatrici e si accingeva a chiudere per sempre anche gli ospedali psichiatrici giudiziari.

Il dottor Sherin mi disse molte cose della California. Il governatore Ronald Reagan chiuse gli ospedali psichiatrici di Stato con la promessa di finanziare centri di assistenza nella comunità. I centri di salute mentale voluti da John Kennedy già nei primi anni ’60 non ebbero fortuna. La promessa  di Reagan non è mai stata realizzata e ciò ha portato a decine di migliaia di persone che vivono con gravi malattie mentali in carcere e senza le cure di cui hanno bisogno.  Powers arriva per altre vie alle stesse conclusioni: la chiusura degli ospedali psichiatrici negli Usa che chiama deistituzionalizzazione, è stata un fallimento e la psichiatria pubblica quanto di peggio si possa immaginare.

• LA LEGGE BASAGLIA

*Peppe Dell’Acqua, che ha curato la presentazione dell’edizione italiana del libro “Chissenefrega dei Matti” edito da Erickson,

Articolo da ->http://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2018/06/05/news/_chissenefrega_il_libeo_del_pulizer_powers-198211446/

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